Chiunque si reca a Spoleto non può fare a meno di visitare alcuni luoghi e tra questi vi è la Cattedrale con la sua Piazza. Passando da Piazza del Mercato oppure scendendo dal giro della Rocca, ti trovi ad essere attratto da Via dell’Arringo che ti porta nella Piazza più bella di Spoleto e non solo. Certamente il Festival dei Due Mondi, così come le Fiction sul prete più “detective d’Italia” (Don Matteo, ndr), hanno contribuito a renderla famosa un po’ ovunque. Trovandoti dunque al centro di questo spazio ricavato a ridosso del colle di Sant’Elia, sei sicuramente ammaliato dalla maestosità del campanile, come anche dalle precise forme del battistero della Manna d’Oro e dell’attiguo Teatro Caio Melisso. In questa immersione di bellezza, desidero soffermarmi sulla facciata del Duomo, in particolare sul mosaico del Solsterno. Ai piedi di questa opera d’arte, tradotto dal latino è riportata questa scritta:
Questa è la pittura che, destinata a piacere molto, fece Solsterno, sommo tra i maestri attuali in questa arte, negli anni che trovi aggiungendo ai duecento mille con sette, essendo Operari Palmiero di Sanso, Transerico di Enrico, Diotisalvi Pingurini.
Nei secoli successivi il grande mosaico, che misura circa trentadue metri quadrati, ha subito diversi restauri: in uno degli ultimi, quello del 1927, fu rifatta quasi completamente la testa di S. Giovanni Evangelista. Non ci addentreremo, tuttavia, a perseguire una conoscenza del mosaico dal punto di vista storico-artistico in quanto già altri, in modo scientifico, hanno fatto questo studio. Ci lasceremo, invece, interpellare dalla sua forza e bellezza, per tentare un cammino spirituale e di catechesi in questo centenario della nostra chiesa Cattedrale e in un tempo segnato da eventi difficili.
Anzitutto la nostra Cattedrale, attraverso questo grande Pantocrator collocato nella facciata, vuol dire a tutti gli uomini che da sempre la Chiesa ha quale unica ricchezza da mostrare all’uomo Gesù! Non sempre come comunità di discepoli del Risorto siamo stati capaci di mostrare il vero volto del Signore. Anzi spesso abbiamo rischiato di far vedere altro. In particolare quando la Chiesa ha pensato a se stessa e ai propri interessi, dimenticandosi dei più bisognosi o schierandosi in modo evidente dalla parte sbagliata. Una Chiesa che ha privilegiato più il potere che il servizio. Il volto di una Chiesa dunque serva del Vangelo, capace di far risplendere la Luce di Cristo, che può riscaldare il cuore di ogni uomo per camminare anche quando le tenebre sembrano prevalere. Questo mosaico, dunque, ancora interpella ogni uomo.
Un primo approccio lo facciamo immaginando di partire dalla sommità di via dell’Arringo: da quella posizione vedi il mosaico quasi al pari dei tuoi occhi, ma non lo distingui bene; scendendo la scalinata devi alzare gli occhi per vederlo, fin quando, nei pressi del portico, devi alzare la testa e solo così inizi a distinguere i particolari dell’opera. Questa è anche la parabola dell’incontro con Dio: quando sei lontano da Lui rischi di vederlo in modo offuscato, quasi un tuo pari, perfino indifferente e quello che ti circonda può diventare la tua divinità. Per incontrare Dio, invece, devi scendere nel profondo del tuo cuore, dei tuoi perché; arrivato al fondo, puoi alzare lo sguardo e lì avviene l’incontro. Gli occhi di quel Maestro sono i soli che possono perforare i tuoi dubbi e dare pienezza alla tua ricerca.
«Scendi Zaccheo… oggi devo venire a casa tua!». Questo invito di Gesù deve sempre risuonare nella nostra vita. Solo se scendiamo dai nostri alberi possiamo incrociare lo sguardo del Pantocrator. Lasciamoci attrarre, allora, dagli occhi del Messia e dalla sua mano benedicente, perché solo Lui ci ha aperto il libro della vita. Le mani di Maria, la sua e nostra Madre, ci invitano ad accostarci al Maestro di Galilea che siede sul trono e posa i suoi piedi sul mondo non per dominarlo, ma per guidarlo verso la vera luce.
Così siamo accolti a Piazza Duomo. Attratti dall’unico Maestro che continua a propormi una vita bella e l’eternità. La chiesa Cattedrale, attraverso questo simbolo, m’invita anche ad oltrepassare la porta d’ingresso per entrare nella grande Basilica e partecipare così alla mensa Eucaristica, perché oltre che mostrarsi ai miei sensi il Signore vuole entrare nella mia vita, farsi mangiare da me affinché possa testimoniarlo al mondo. Una particolarità di questo mosaico è data anche dalle due figure che attorniano il Cristo in trono. Alla sua destra Maria che tende entrambi le mani verso di Lui; alla sinistra c’è S. Giovanni Evangelista che tende una mano verso Gesù e con l’altra tiene il libro chiuso. Maria, alzando entrambi le mani, ci indica che il Figlio dell’uomo è veramente Figlio di Dio! Lei, oltre la Madre è la prima discepola. Quelle mani alzate sono l’emblema del fedele che non esita a seguire il Signore, testimoniandolo senza vergogna al mondo. Come sotto la croce la Madre ha vissuto la tragedia della morte del Figlio, così nella potenza del Cristo Pantocrator, vincitore del nemico, Maria sta al fianco del Figlio per ridirci che solo Lui è il vincitore della morte e ci apre le porte della vita. Inoltre, la vita di Maria è stata segnata da una fede vera fin dal suo primo “sì”. Lei ci ha insegnato a fidarci di suo Figlio. Un cammino di fede senza tanti perché. Ma non per questo un modo di credere puerile. È invece la logica dei piccoli. Una fede testimoniata dalla Donna del sì, che è ben poggiata sulla terra, così è collocata nel mosaico del Duomo, ma quasi in atto di mettersi in moto per andare verso Gesù, anzi invitandoci tutti ad andare insieme a Cristo. Alla sinistra della Deesis c’è Giovanni Evangelista. È l’apostolo a cui fu affidata la madre quando Gesù era morente in croce. Qui è rappresentato con una mano che indica il Cristo e l’altra che tiene il libro che è chiuso. Per arrivare a fare amicizia con Gesù è necessario un atto di fede, ma l’Evangelista Giovanni ci propone anche un cammino d’incontro con il Vangelo. Il cristiano che vuole conoscere il Cristo non può non confrontarsi con la Bibbia, in particolare con il Vangelo. A tal proposito diceva un grande padre della Chiesa che l’ignoranza delle scritture equivale all’ignoranza di Gesù. Il cristiano non può fare a meno di alimentarsi dell’ascolto e dello studio della Parola del Signore. Le mani del Cristo Pantocratore – solo Lui ha il libro aperto – manifestano che lui è il Verbo, Parola diventata carne.
Il tema della luce, presente nel Vangelo di Giovanni, ha il suo culmine proprio nel versetto che è riportato: «Io sono la luce del mondo!». Fin dal prologo del quarto Vangelo, esso è centrale, in opposizione alle tenebre che però non l’hanno vinta. Il mosaico rende ancora più evidente questa luce, grazie alle sue tessere e in particolare quando è baciato dal sole al suo tramonto. Il Cristo di questa magnifica opera ci benedice con la mano destra; le tre dita aperte ci ricordano il mistero della divina Trinità, la logica dell’amore di un Dio che mai smette di amare i suoi figli. Invece le due dita che si toccano sottolineano la natura umana e divina di Cristo.
Come vedete è tutto un crescendo: se da lontano siamo stati colpiti dalla luminosità del mosaico, avvicinandoci siamo entrati nel mistero del Figlio di Dio che, ancora oggi, come al tempo della canonizzazione di S. Antonio da Padova, ha visto la gran folla accorrere. Così avrà, insieme alla Santissima Icone, aperto anche il cuore di S. Gabriele dell’Addolorata. Ancora oggi siamo attratti da questo sguardo capace di illuminare il cammino di ciascuno, ma anche dalla sua austerità che ci chiede di non sciupare le occasioni che la vita ci regala per testimoniare l’amore. Infine, chi non ha bisogno di quella mano benedicente per vincere le seduzioni del mondo?
Don Vito Stramaccia, parroco di S. Bartolomeo in Montefalco
La Via dell’Arringo e Il Solsterno
La Via dell’Arringo è così denominata perché conduceva all’arringo, cioè all’assemblea del popolo che per antica consuetudine, documentata a partire dal sec. XII ma certamente più remota, si radunava nella Piazza del Duomo.
Il mosaico raffigurante il Redentore benedicente in trono fra la Madonna e S. Giovanni evangelista, opera firmata da un Solsterno, magnificato con sonanti parole nella iscrizione latina apposta in basso che reca la data del 1207: Questa è la pittura che, destinata a piacere molto, fece Solsterno, sommo tra i maestri attuali in questa arte, negli anni che trovi aggiungendo ai duecento mille con sette, essendo Operari Palmerio di Sanso, Transerico di Enrico, Diotisalvi Pingurini. Solsterno è senz’altro un maestro forestiero e la sua origine va ricercata nelle botteghe dei mosaicisti di tradizione bizantina dei centri dove tale tecnica era ancora largamente impiegata, come Roma o Venezia o la Sicilia. Nell’iscrizione, la sequenza ‘doctor (molto raro invece di magister) … summus … modernus’ sembra voler sottolineare una particolare eccellenza di Solsterno tra i mosaicisti del suo tempo.
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il giubileo
Un tempo di grazia offerto a tutto
il popolo di Dio.
la storia
1198: la Cattedrale viene consacrata da
Papa Innocenzo III.